Pubblicato venerdì 20 settembre 2019
Livelli ematici elevati di vitamina D potrebbero essere d’aiuto alla protezione della guaina mielinica, rallentando il danno alle cellule nervose tipico dei pazienti affetti da forme progressive di sclerosi multipla (SM). Queste le conclusioni di uno studio di imaging cerebrale, pubblicato sulla rivista Multiple Sclerosis and Related Disorders.
Razionale e disegno dello studio
Il deficit vitaminico D è stato da tempo proposto come fattore di rischio di SM, ma la maggior parte degli studi relativi ha preso in considerazione solo pazienti affetti dalla forma recidivante-remittente (RRMS) di malattia.
I pochi dati attualmente disponibili per la forma progressiva di malattia depongono per la presenza di livelli vitaminici D anche più bassi della forma RRMS, e potrebbero predire il passaggio alla sclerosi multipla progressiva secondaria.
Bassi livelli di vitamina D sono stati associati a maggiori lesioni, atrofia cerebrale e disabilità nel tempo, ma ancora oggi non è chiara l’esistenza di un legame tra questi ridotti livelli vitaminici e la progressione clinica di malattia nelle forme progressive di SM, documentabile mediante scansioni a risonanza magnetica.
Per rispondere a questo gap di dati esistente, una equipe di ricercatori Usa ha valutato l’esistenza di un legame in pazienti con SM progressiva primaria e secondaria, partecipanti al trial di fase 2b SPRINT-MS sull’impiego di ibudilast, un farmaco antinfiammatorio utilizzato principalmente in Giappone, che agisce come inibitore della fosfodiesterasi, inibendo soprattutto il sottotipo PDE4.
I partecipanti allo studio, reclutati in 28 centri specialistici per la SM, dislocati sul territorio Usa, si caratterizzavano per la presenza di una rilevante progressione clinica di malattia nel corso del biennio precedente l’inizio del trial. A questi pazienti era permesso di continuare il trattamento con glatiramer acetato, interferone beta-1A o interferon beta-1b.
Su 286 pazienti reclutati nel trial SPRINT-MS, erano disponibili, per 267 di questi, sia i campioni ematici che i referti di imaging cerebrale. Questo gruppo di pazienti aveva un’età media di 55,6 anni (range compreso tra 31,8 e 65,9 anni) e una durata media di malattia pari a 16,4 anni. Di questi, 126 erano di sesso femminile, mentre 60 avevano una storia familiare di SM. Centotrentasette pazienti erano affetti da SM progressiva primaria mentre 130 da SM progressiva secondaria.
Risultati principali
Nel nuovo studio, sono stati presi in esame i livelli ematici di 25(OH)D ed è emerso che i livelli ottenuti erano tutti molto più elevati del valore di cut-off di 30 ng/ml nel 70% dei pazienti dello studio, contrariamente a quanto osservato in altri studi sulla SM progressiva.
Dopo aver raggruppato i pazienti in base ai livelli di 25(OH)D – <30, da 30 a 39 o da 40 a 49 e >50 ng/ml – ancora una volta non si sono avute differenze in termini di punteggi medi sulla scala EDSS (Expanded Disability Status Scale) e delle misure convenzionali di imaging cerebrale, come il volume e la presenza di nuove lesioni attive o infiammatorie.
Dunque, i livelli di vitamina D non sono risultati associati al volume cerebrale o alle misure delle lesioni nella SM progressiva, contrariamente a quanto osservato nelle forme RRMS.
Tuttavia, quando i ricercatori hanno preso in considerazione alcuni fattori come l’età, il sesso di appartenenza e la durata di malattia, un’analisi successiva dei dati ha mostrato che livelli più elevati di 25(OH)D erano associati in modo significativo con punteggi più elevati a livello dell’encefalo in toto (WB) e nella sostanza grigia (NAGM) quando si utilizzava un rapporto matematico (MTR) che valuta il contenuto di mielina e la densità delle fibre nervose.
Questa associazione positiva tra i livelli ematici di vitamina D e alcuni parametri di imaging cerebrale (WB, NAMG-MTR) suggerisce che la vitamina D potrebbe avere un ruolo protettivo anche nei pazienti affetti dalle forme progressive di SM in termini di integrità della guaina mielinica, e che tali benefici potrebbero estrinsecarsi mediante effetti di immunomodulazione, antinfiammatori e antiossidanti.
Riassumendo
Nel commentare lo studio, i ricercatori hanno invitato a prendere con cautela i risultati ottenuti, in quanto le supplementazioni di vitamina D non erano parte integrante del trial SPRINT-MS, né vi erano dati disponibili informazioni sull’esposizione ai raggi ultravioletti, che contribuisce alla sintesi endogena della vitamina in questione.
Lo studio, quindi, per quanto promettente, fornisce solo un razionale fisiopatogenetico relativo all’importanza della vitamina D anche nelle forme progressive di SM.
Saranno necessari, ora, nuovi studi che confermino queste osservazioni, per postulare, successivamente, un possibile intervento di supplementazione vitaminica in questi pazienti, in aggiunta alle terapie esistenti.
Bibliografia
Abbatemarco JR et al. Vitamin D and MRI measures in progressive multiple sclerosis. Multiple Sclerosis and Related Disorders 2019; 35: 276-282
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