Pubblicato mercoledì 28 novembre 2018
La vitamina D, una vitamina che si scioglie nei grassi, è da tempo oggetto di attenzione da parte dei clinici in ragione delle sue proprietà extra-scheletriche.
Alcuni studi, infatti, hanno dimostrato che la sua carenza è responsabile di molte malattie, al di là delle rickettsie in età pediatrica e dell’osteomalacia negli adulti.
E’ ora noto dalla letteratura, infatti, che il dolore osseo, l’astenia muscolare, l’obesità, l’ipertensione, la depressione, il diabete, la demenzia, alcune neoplasie, la schizofrenia e alcune malattie cardiache risultano tutte associate alla mancanza di vitamina D.
Uno studio pubblicato su Scientific Reports ha dimostrato l’esistenza di un legame tra livelli insufficientidi vitamina D e le coronaropatie in pazienti affetti da diabete tipo 2.
Le coronaropatie colpiscono i vasi sanguigni laddove le placche contenenti colesterolo, adese alle pareti, restringono il lume vascolare e ostruiscono il circolo sanguigno, causando infiammazione alle arterie.
Un’ostruzione completa può portare, di conseguenza, a dolore toracico (angina) o ad attacco cardiaco.
Disegno dello studio
La vitamina D esiste in due forme: ergocalciferolo (D2) e colecalciferolo (D3). Il nostro organismo sintetizza la vitamina D2 da fonti alimentari vegetali mentre la vitamina D3 è fondamentalmente prodotta da meccanismi di fotoattivazione cutanea grazie alla luce solare o viene assunta con l’alimentazione mediante pesci grassi o supplementazioni. Il nostro organismo, a questo punto, converte le 2 forme di vitamina D in “metaboliti attivi” che svolgono alcune funzioni biologiche essenziali in organi differenti, come pure stimolano il rilascio di ormoni essenziali per il metabolismo quali l’insulina, da parte delle cellule pancreatiche.
Nello studio appena pubblicato, i ricercatori hanno analizzato 187 campioni di sangue umano da individui classificati in 4 gruppi: il primo gruppo includeva soggetto che non avevano una storia pregressa di diabete o di coronaropatia. Il secondo gruppo, invece, includeva soggetti con una storia di diabete tipo 2 senza altre complicanze; il terzo gruppo includeva quelli con coronaropatia e il quarto pazienti con diabete tipo 2 e coronaropatia.
I ricercatori hanno misurato i livelli di 6 metaboliti della vitamina D mediante cromatografia liquida-spettrometria di massa (LC-MS), una tecnica di chimica analitica che è in grado di separare miscele di componenti multipli e che analizza strutturalmente ciascuno di questi componenti, identificandoli.
Risultati principali
I ricercatori hanno osservato che i livelli di tutti i metaboliti della vitamina D provenienti da campioni ematici dei pazienti afferenti al quartro gruppo erano più basso rispetto a quelli osservati negli altri gruppi.
A questo punto, hanno condotto un’analisi statistica per predire l’incidenza di diabete in soggetti con bassi livelli di vitamina D, dopo aver preso in considerazione altri fattori quali l’età, il sesso, lo status di fumatore, una storia di abuso di alcol e l’anamnesi familiare positiva per la presenza di diabete.
Da questa analisi, corretta per i fattori confondenti sopra citati, è emerso che gli individui con i livelli più bassi di 25(OH)D, il metabolita circolante della vitamina D solitamente sottoposto a dosaggio per diagnosticare lo status vitaminico D, avevano un certo rischio di andare incontro a diabete tipo 2, mentre in quelli con livelli ridotti di 1,25(OH)D era più probabile il riscontro di coronaropatia, se affetti da diabete tipo 2.
Le implicazioni dello studio
Lo studio è uno dei primi ad aver associato il deficit di alcuni metaboliti della vitamina D con il diabete e le coronatopatie e, pertanto, suggerisce la possibilità di valutare il rischio di sviluppare queste malattie in soggetti con carenze di vitamina D.
D’altro canto, i ricercatori non hanno nascosto l’esistenza di alcune limitazioni metodologiche specifiche del loro lavoro, come la ridotta numerosità del campione di individui considerati e la loro provenienza geografica molto specifica, che non consente una generalizzazione dei risultati.
Oltre a queste considerazioni, i ricercatori hanno auspicato la prossima implementazione di studi sulla supplementazione di vitamina D a lungo termine, che siano in grado di determinare la percentuale di popolazione che va incontro al diabete e alle sue complicanze in presenza di livelli vitaminici sufficienti in circolo.
Bibliografia
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