Vitamina D in età pediatrica e diabete tipo 1, esiste un’associazione inversa?



Ricevere quantità adeguate di vitamina D durante l’infanzia e l’adolescenza sembra ridurre l’insorgenza di autoimmunità dell’insula pancreatica (condizione che precede l’insorgenza di diabete tipo 1) in bambini con elevato rischio genetico di diabete.
Queste le conclusioni di uno studio di recente pubblicazione sulla rivista Diabetes.
 
Razionale dello studio
L’autoimmunità dell’ insula è un processo nel corso del quale il sistema immunitario attacca “per errore” le cellule che producono insulina a livello del pancreas, causando il diabete tipo 1.
 
Come è noto, il diabete tipo 1 è una condizione caratterizzata dall’incapacità dell’organismo di produrre quantità sufficienti di insulina, regolando i livelli glicemici.
 
Nel diabete tipo 1, il sistema immunitario lancia un attacco diretto contro le cellule pancreatiche delle isole di Langerhans, agglomerati di beta cellule la cui funzione è quella di individuare la presenza di glucosio nel sangue e di rilasciarlo quando richiesto.
 
Come risultato dell’attacco immunitario in questione, le beta cellule perdono la capacità di produrre quantità sufficienti di insulina, determinando in tal modo un innalzamento patologico della glicemia.
 
La vitamina D è stata individuata da alcuni studi già presenti in letteratura come un possibile fattore di protezione dal diabete tipo 1 in ragione della sua capacità di regolare sia il sistema immunitario che i meccanismi alla base dell’autoimmunità. Gli studi finora condotti sulle associazioni tra i livelli di vitamina D e l’autoimmunità avevano dati risultati contrastanti, probabilmente in ragione del differente disegno degli studi, delle variazioni di popolazione relativi ai livelli vitaminici D o a seguito dell’impossibilità di comprendere in modo esaustivo i meccanismi alla base dell’effetto combinato dell’esposizione solare e delle variazioni genetiche che sottendono il pathway della vitamina D.
 
Su questi presupposti è nato il nuovo studio che ha esaminato l’associazione tra i livelli di 25(OH)D nel sangue e l’autoimmunità dell’insula e ha voluto verificare se la presenza di alcuni polimorfismi del gene della vitamina D potessero modificare l’effetto dei livelli di 25(OH)D sul rischio di pre-diabete tipo 1.
 
Disegno dello studio e risultati principali
I risultati dello studio appena pubblicato sono parte dello studio TEDDY (The Environmental Determinants of Diabetes in the Young), un ampio studio multicentrico finanziato dal National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases, in seno al National Institute of Health.
Questo era uno studio iniziato nel 2004, condotto in 6 centri clinici (tre negli USA e 3 in Europa) finalizzato ad identificare i fattori scatenanti e protettivi relativi al diabete tipo in 8,676 bambini a rischio elevato di diabete tipo 1.
 
La popolazione pediatrica dello studio è stata seguita sin dalla prima infanzia, con prelievi ematici a cadenza trimestrale-semestrale, per determinare la presenza di autoimmunità dell’insula e per quantificare i livelli circolanti di 25(OH)D.
 
La condizione di autoimmunità dell’insula era determinata dalla presenza della condizione di sieropositività ad almeno uno degli autoanticorpi sottoposti a screening (GADA, IAA o IA-2A) nel corso di almeno due visite di controllo.
 
I ricercatori hanno messo a confronto i risultati relativi a 376 bambini che avevano sviluppato autoimmunità dell’insula con quelli relativi a 1.041 bambini che non erano andati incontro a pre-diabete tipo 1.
 
Inoltre hanno analizzato nove polimorfismi a carico del gene del recettore della vitamina D come possibili modificatori dell’effetto dei livelli circolanti di 25(OH)D sul rischio di sviluppo di autoimmunità dell’insula.
 
Dopo aggiustamendo dei dati, è emerso che livelli circolanti di 25(OH)D più elevati nell’infanzia erano associati ad un rischio più basso di autoimmunità dell’insula (OR=0,93 per una differenza di 25(OH)D pari a 5 nmol/L; IC95%= 0,89-0,97).
 
Inoltre, è stato osservato che questa associazione era modificata dal polimorfismo VDR rs7975232 (p interazione=0,0072), dove l’incremento dei livelli circolanti di 25(OH)D era associato ad una riduzione del rischio di autoimmunità dell’insula sulla base del numero di alleli minori: 0 (OR:1,00; IC:0,93,1,07), 1 (OR=0,92; IC:0,89,0,96), e 2 (OR:0,86; IC:0,80,0,92).
 
Riassumendo
Dai risultati di questo studio è emerso, dunque, che nei bambini portatori di una variante del gene VDR, livelli più elevati di vitamina D nel corso dell’infanzia sono associati ad una riduzione del rischio di sviluppo di autoimmunità dell’insule, condizione che anticipa lo sviluppo di diabete tipo 1, a suggerire che sia la vitamina D che il gebne VDR hanno un ruolo combinato nello sviluppo di pre-diabete tipo 1 nei bambini con rischio genetico elevato di diabete.
 
La mancata informazione sulla natura di questa associazione (causale e casuale) richiede la prossima messa a punto di studi prospettici in grado di confermare se l’intervento vitaminico D in soggetti predisposti geneticamente al diabete tipo 1 possa avere un reale effetto preventivo.
 
Bibliografia
Norris JM et al. Plasma 25-Hydroxyvitamin D Concentration and Risk of Islet Autoimmunity. Diabetes. 2017 Oct 23. pii: db170802. doi: 10.2337/db17-0802. [Epub ahead of print]
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