Veneto, meno fratture da fragilità grazie a politiche sanitarie mirate



In Veneto diminuiscono le fratture di femore da osteoporosi: la buona notizia è in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica internazionale “European Journal of Internal Medicine” in cui si ipotizza che tale riduzione sia dovuta a politiche sanitarie locali di grande efficacia.

La ricerca, condotta da membri della Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) e coordinata dal professor Sandro Giannini dell’Università di Padova, è stata svolta sulla popolazione ultrasessantacinquenne residente in Veneto. L’analisi dei dati ha rivelato che, mentre la fragilità ossea va di pari passo con l’avanzare degli anni e sarebbe ovvio aspettarsi un incremento delle fratture di femore, ci possono essere inversioni di tendenza.

Secondo gli ultimi dati, in 10 anni il numero assoluto di fratture di femore in Italia è cresciuto rispettivamente del 27% e del 36% nel sesso femminile e in quello maschile. Il numero assoluto è cresciuto anche in Veneto, ma la ricerca coordinata dal professor Giannini dimostra che il tasso di incremento è decisamente più basso e, durante il periodo in studio, le ospedalizzazioni per frattura di femore sono diminuite.

Una buona notizia per la sanità pubblica: solitamente l’osteoporosi e le fratture di femore a essa correlate rappresentano una causa importante di mortalità e/o disabilità con conseguenti alti costi socio-sanitari. In particolare, i costi della gestione di una frattura di femore sono pari a 13.500 euro: individuare la strada per diminuirne l’impatto è una sfida per tutti i sistemi sanitari. Il caso del Veneto diventa quindi paradigmatico, con una popolazione comparabile con quella di tutta l’Italia.

Gli autori dello studio ipotizzano che l’elemento alla base della diminuzione delle fratture sia l’adozione di politiche sanitarie specifiche per la gestione dell’osteoporosi.
Nel caso specifico, il Sistema Sanitario del Veneto ha implementato interventi mirati a migliorare gli standard di cura dei pazienti affetti da osteoporosi. Tra queste azioni, le più importanti sono: l’istituzione di due Centri Regionali per l’Osteoporosi con compiti clinici, epidemiologici e di indirizzo sanitario; la somministrazione della vitamina D a tutti gli over 70 per scoraggiare l’osteoporosi che negli over 65 è causa del 95% delle fratture di femore; interventi volti a promuovere l’appropriatezza terapeutica.

“I risultati dello studio ci fanno essere ottimisti – spiega il professor Giannini -, confermando che il mix di azioni di sensibilizzazione della popolazione, prevenzione delle cure e corrette politiche sanitarie sia un successo che migliora gli standard di vita della popolazione anziana e razionalizza la spesa sanitaria. Certamente serviranno dati nuovi e più completi per individuare meglio l’origine dei nostri risultati, che essendo molto diversi dai dati nazionali, non possono che dipendere da fattori non demografici locali”.

“Finora in Italia non sono stati fatti molti progressi nell’approccio alla terapia dell’osteoporosi e delle fratture da fragilità – aggiunge il professor Claudio Marcocci, presidente della SIOMMMS -; i casi di USA, Canada, Danimarca, Spagna e Germania, dove si è assistito a una riduzione progressiva del numero di fratture, sono per noi un esempio da imitare. Ci fa piacere avere esempi di best practice anche in Italia, dove la SIOMMMS si sta impegnando perché tutti gli attori coinvolti portino un contributo verso una sanità più vicina alle esigenze dei pazienti, più efficiente in termini di costo ed economicamente più sostenibile nel lungo periodo”.

In Italia, circa un quarto della popolazione è over 65; nel 2050, la percentuale di anziani salirà a oltre il 35%. Oltre 5 milioni di persone sono affette da osteoporosi nella penisola e circa 2 milioni di anziani non sono autonomi perché affetti da disabilità, spesso provocata da fratture. Gli ultimi dati nazionali parlano di oltre 90mila ultrasessantacinquennienni ospedalizzati per frattura di femore nel nostro Paese, con un costo a carico del SSN di oltre 1,2miliardi.