Sole e vit.D: influsso su sclerosi multipla precoce risente del tempo e dei comportamenti mutati



La correlazione tra i livelli di vitamina D e la possibile insorgenza o progressione della sclerosi multipla (SM) è sostanzialmente accertata. Meno chiare sono le modalità e le modificazioni nel tempo di tale rapporto. Di questi aspetti si è occupato un team di ricercatori australiani che ha presentato all’ECTRIMS di Londra due sottoanalisi tratte dallo studio longitudinale “Ausimmune”.
 
Nella prima (1), spiega Bruce Taylor, dell’Istituto Menzies per la Ricerca Medica dell’Università della Tasmania, l’obiettivo era quello di valutare la distribuzione e i determinanti della 25-idrossivitamina D [25(OH)D] sierica e come questi rapporti si modificassero nel tempo.
 
È stata reclutata tra il 2004 e il 2007 una coorte di 279 persone con un primo evento di demielinizzazione dallo studio Ausimmune svolto a Brisbane, Newcastle, Geelong e in Tasmania, con un follow-up di 5 anni fino alla revisione. Al basale sono stati chiesti i parametri storici (all’età di 6, 11, 16 e 21 anni) del comportamento relativo all’esposizione al sole.
 
«Ai soggetti» spiega Taylor «sono state quindi chieste informazioni sugli attuali comportamenti circa l’esposizione solare mediante interviste di persona o telematiche (con la tecnica CATI, Computer-Assisted Telephone Interview). Il prelievo sierico per la misurazione della 25(OH)D è stato effettuato nel corso degli incontri vis-à-vis (al basale, a 2 o 3 anni e a 5 anni) e resi non condizionati dalla stagione mediante correzione sinusoidale.
 
I classici predittori sono cambiati nel corso degli anni

Il livello sierico della 25(OH)D è aumentato in modo significativo nel corso dello studio, tra 62,6 a 69,5 nmol/L (p<0,001). Il carico totale di raggi ultravioletti (UV) e l’abbigliamento correlato al sole sono cambiati significativamente in favore di un’aumentata esposizione al sole e l’integrazione di vitamina D ad alte dosi è aumentata di 18 volte.
 
«I classici predittori della 25(OH)D, come la latitudine e i comportamenti rispetto all’esposizione solare, hanno mostrato gradienti inversi attesi nelle fasi precoci dello studio, ma si sono attenuati o addirittura rovesciati in seguito» afferma il ricercatore. «La correzione per l’integrazione e il comportamento correlato al sole hanno spiegato solo in parte tali cambiamenti».
 
Ciò che in ogni caso emerge da questi dati, sottolinea il coordinatore della ricerca, è che utilizzando uno dei più vasti studi di coorte prospettici che abbia mai esaminato il rapporto tra fattori predittivi ambientali e/o comportamentali del decorso clinico nella SM in fase precoce, si sono dimostrati significativi e marcati cambiamenti nei comportamenti correlati all’esposizione al sole e all’integrazione di vitamina D.
 
Valutato l’influsso alla comparsa di una forma clinicamente definita a 5 anni

Interessante anche l’altra analisi (2), sempre tratta dallo studio Ausimmune e presentata dalla medesima èquipe di ricercatori coordinati da Bruce Taylor. «La vitamina D e l’esposizione al sole sono stati considerati tra i più importanti predittori di insorgenza di SM e del decorso clinico della malattia conclamata, ma sono stati condotti pochi studi comparativi in fase precoce di malattia» premette.
 
In questo caso lo scopo dell’analisi è stata quella di valutare le associazioni dei parametri della vitamina D e del sole con la successiva comparsa di una conversione a una SM clinicamente definita (CDSM) e con recidive in una coorte monitorata prospettica a partire dall’evento di riferimento fino alla revisione a 5 anni. In particolare è stata la medesima coorte dell’analisi sopracitata: 279 persone con prima diagnosi clinica di demielinizzazione del sistema nervoso centrale per 5 anni dalla partecipazione iniziale allo studio Ausimmune (basale)».
 
L’esposizione solare – continua – è stata misurata mediante un questionario storico e sui periodi recenti, e ogni anno durante lo studio. Le concentrazioni sieriche di 25(OH)D sono state misurate al basale e alle revisioni a 2 o La storia della CDMS e delle recidive è stata valutata da un neurologo e da un revisore di cartelle cliniche.
 
Associazione non con il comportamento attuale all’esposizione al sole ma quello storico

Alla revisione a 5 anni, 202 persone su 279 hanno manifestato una conversione a CDMS e hanno avuto 395 recidive. La 25(OH)D né al basale né alle misure longitudinali sono risultate associate con una CDMS e recidive. «L’attuale comportamento in termini di esposizione al sole è apparso inversamente associato a una CDMS e a recidive ma tale associazione è divenuta non significativa dopo introduzione di fattori di correzione».
 
«Il fatto più importante, comunque, è che l’esposizione storica al sole ha mostrato associazioni inverse significative e attese con una CDMS e con recidive» sottolinea Taylor. «Inoltre, una crescente esposizione al sole durante allo studio si è associata a migliori outcomes clinici».

 

In conclusione, sostengono gli autori della ricerca. L’esposizione storica al sole è confermata nella sua associazione con il decorso clinico della SM in fase precoce. Peraltro, le misure assolute all’interno dello studio relative al sole e alla vitamina D non hanno evidenziato alcuna associazione con gli outcomes clinici. «È possibile che il cambiamento dei comportamenti associati alla diagnosi di FDE possa avere alterato le associazioni attese» conclude Taylor.
 
 
1] Simpson S Jr, van der Mei I, Lucas R, et al. Changes in sun & vitamin D behaviours and their relationships with vitamin D during five years of follow-up in Ausimmune Longitudinal Study cohort. ECTRIMS, London 2016. Abstract P313.
 
2] Simpson S Jr, van der Mei I, Lucas R, et al. Historical but not current vitamin D & sun parameters are associated with a more favourable multiple sclerosis clinical course: data from the Ausimmune Longitudinal Study at 5 years. ECTRIMS, London 2016: Abstract P312.