Sclerosi multipla, riduzione delle recidive e delle lesioni RM con vitamina D in add-on all’interferone-beta-1a



Al recente meeting annuale dell’American Academy of Neurology (AAN 2017), svoltosi a Boston, due differenti studi condotti su pazienti affetti da sclerosi multipla (SM) hanno dimostrato che, rispetto al placebo, l’aggiunta di colecalciferolo (Vit.D3) al trattamento con interferone-beta-1a (IFN-beta-1a) ha determinato benefici in termini di tasso annualizzato di recidive (ARR) e, soprattutto, dei parametri relativi alle lesioni rilevate alla risonanza magnetica (RM).
 
LO STATO DELL’ARTE SULL’ARGOMENTO, IN BREVE
È opportuno innanzitutto riconsiderare da dove prende origine questa strategia. Come gli stessi relatori hanno detto a Boston è ampiamente accertato che l’ipovitaminosi D rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di SM. Non solo. Una carenza di vitamina D, nei pazienti con SM, costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo di recidive più frequenti e, alla RM, di un maggior numero di lesioni T2, così come di un maggior numero di lesioni captanti gadolinio. Inoltre, aumenta le probabilità di una più precoce e severa disabilità.
 
Del resto, oltre a svolgere molteplici funzioni fisiologiche, la vitamina D è il precursore di una potente molecola immunoregolatoria e il suo ruolo nella patogenesi e nella progressione della SM è stato oggetto di crescente interesse negli ultimi anni (1). Vari studi supportano con forza la tesi che la vitamina D aumenti la funzionalità delle cellule T regolatorie mediando uno ‘shift’ verso una maggiore risposta immunitaria antinfiammatoria.
 
Per questo motivo sono in corso già da tempo sperimentazioni con supplementazione di vitamina D che hanno dato in alcuni casi segnali incoraggianti. Nel complesso, però, le evidenze cliniche sono state finora limitate soprattutto dal piccolo numero di pazienti coinvolti negli studi. In questo promettente filone di ricerca si inseriscono ora i due studi presentati a Boston, la cui peculiarità è quella di avere sperimentato l’integrazione di colecalciferolo come add-on al trattamento con IFN-beta-1a.
 
LO STUDIO CHOLINE
Valutare il beneficio derivante dalla terapia aggiuntiva di Vit.D3 100 kUA due volte al mese per 2 anni in pazienti affetti da SM recidivante remittente (RRSM) trattati con IFN-beta-1a per via sottocutanea al dosaggio di 44 mcg 3 volte alla settimana. Questo lo scopo del trial CHOLINE (Cholecalciferol [Vit D3] supplementation in Relapsing Multiple Sclerosis patients treated with subcutaneous interferon beta-1a: a Randomized Controlled Trial), presentato al meeting AAN da William Camu, del Centro Ospedaliero Universitario Gui de Chauliac, a Montpellier (Francia) (2).
 
I criteri di inclusione e le caratteristiche dei pazienti al basale
Lo studio, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, multicentrico (29 strutture coinvolte) della durata di 2 anni, ha previsto i seguenti principali criteri di inclusione:
 
– diagnosi di RRSM in accordo ai criteri di Poser (CDMS) o in accordo ai criteri di McDonald (rivisti nel 2010),
– soggetti di età compresa tra 18 e 65 anni, trattati con IFNbeta-1a 44 mcg da meno di 6 mesi,
– EDSS (Expanded Disability Status Scale) pari o inferiore a 5,
– almeno una recidiva documentata nei due anni precedenti,
– malattia stabile senza recidive negli ultimi 30 giorni,
– livelli sierici di 25(OH) Vit.D inferiori a 75 nmol/L al basale/visita di randomizzazione.
 
Riguardo le caratteristiche dei pazienti al basale, sono stati distinti i “completers” (definiti come i soggetti esposti al farmaco in studio per 96 settimane avendo completato le valutazioni di fine trattamento) dai pazienti che hanno interrotto lo studio (fondamentalmente per tre motivi: interruzione del consenso, decisione del ricercatore, mancanza di efficacia dell’interferone) e che sono stati considerati per l’analisi “intention-to-treat” (ITT).
 
Non si sono rilevate differenze significative tra il gruppo Vit.D e quello placebo, sotto il profilo dell’età (nei completers, rispettivamente: 39,1 e 38,1 anni), del body mass index (BMI: 24,6 e 24,2) e dell’ARR al basale (0,95 e 0,98). Da notare, invece, una maggiore presenza di pazienti di genere femminile (20% circa in più) nel gruppo Vit.D rispetto al gruppo placebo. L’endpoint primario era l’ARR a 2 anni. I due principali endpoint secondari erano le variazioni dell’EDSS e i parametri di imaging della RM.
 
Tasso di recidiva annualizzato a 2 anni e parametri RM, vantaggi significativi dalla Vit.D
In totale, sono stati randomizzati 129 pazienti: 63 nel gruppo Vit.D e 66 nel gruppo placebo. Riguardo all’endpoint primario, è stato riscontrato nell’ambito della popolazione ITT un vantaggio non significativo nel gruppo Vit.D (ARR = 0,45) rispetto al placebo (ARR = 0,34) con un risk ratio [RR] = 0,80 (95% CI 0,48-1,32], p = 0,379).
 
Invece, nella popolazione dei completers (n = 45), sia nel gruppo Vit.D che nel gruppo placebo, è stato identificato un beneficio superiore dalla Vit.D (RR = 0,40, [95% CI 0,20-0,81], p = 0,011) in termini di ARR e, passando agli endpoint secondari a due anni, un conteggio più basso di lesioni pesate nuove o ingrandite T1 gadolinio-captanti (RR = 0,22, [95% CI 0,10-0,49], p inferiore a 0,001) e nuove o ingrandite T2 (0,23 [95% CI 0,09, 0,57], p inferiore a 0,001 per le lesioni T1 e T2, rispettivamente).
 
«Nella popolazione dei completers dunque» ha sottolineato Camu «si è registrato un beneficio significativo dall’uso di Vit.D sull’ARR a 2 anni, con una riduzione delle recidive del 60%».
 
Positivo profilo di sicurezza
I due gruppi sono stati caratterizzati da un profilo di sicurezza simile: 11 pazienti (18,0%) trattati con Vit.D3 e 10 pazienti (15,4%) del gruppo placebo hanno riportato rispettivamente eventi avversi severi (SAE). Nessuno dei SAE nel gruppo vit. D3 ha portato a nuove preoccupazioni di sicurezza. Vi sono stati 15 soggetti con eventi avversi emergenti dal trattamento (TEAE): 6 (9,8%) nel gruppo vit.D3 e 9 (13,8%) nel gruppo placebo. Un gruppo simile di soggetti con TEAE ha portato alla sospensione del trattamento in entrambi i gruppi: 6 (4,8%).
 
«Sebbene sia stato osservato un forte effetto che ha ridotto del 60% le recidive nei completers (RR = 0,40), non abbiamo rilevato un effetto significativo della Vit.D in base all’analisi ITT» ha commentato Camu. Nonostante un’osservata dimensione dell’effetto clinicamente rilevante (riduzione del 20% del tasso di recidiva), l’inattesa bassa frequenza di recidiva nel gruppo di controllo (ARR = 0,34) ha depotenziato lo studio. È in corso un’analisi statistica più approfondita di questo trial».
 
Comunque, secondo Camu, restano due aspetti positivi certi: 1) il trattamento con Vit. D3 non desta timori di sicurezza; 2) vi sono evidenti benefici sull’endpoint secondario, relativo al minor numero di lesioni RM nuove o ingrandite. «Questo studio, pertanto, si aggiunge alle prove di interesse della vit. D3 come terapia add-on nella RRSM» conclude.
 
LO STUDIO SOLAR
Anche lo studio SOLAR – presentato a Boston da Joost Smolders, del Centro Medico Universitario di Maastricht e del Canisius Wilhelmina Ziekenhuis di Nijmegen (Olanda) – ha indagato gli effetti della supplementazione di colecalciferolo in aggiunta all’IFN-beta-1a per via sottocutanea (scIFN-beta-1a) nei pazienti affetti da SM (3).
 
«A oggi» afferma Smolders «lo studio SOLAR è il più ampio studio randomizzato, controllato con placebo, in doppio cieco sulla vitamina D3 come add-on alla terapia per pazienti con SM». In particolare si è trattato di uno studio prospettico di 48 settimane nel quale 229 pazienti con RRSM e concentrazione sierica di 25(OH)-vitamina D pari o inferiore a 150 nmol/L sono stati randomizzati a 44 mcg di scIFN-beta-1a più colecalciferolo (14.007 UI [350 mcg]) o placebo.
 
Gli endpoint e gli aspetti demografici
Endpoint primario era la percentuale di soggetti liberi da malattia (DAF) – definiti come assenza di recidive, progressione EDSS o nuove lesioni attive uniche combinate (CUA) – alla settimana 48. A causa dei ritardi nel reclutamento, l’endpoint primario originale è stato modificato, consentendo la riduzione della durata dello studio (prevista inizialmente di 96 settimane) e della dimensione del campione.
 
Gli endpoint secondari alla settimana 48 erano l’ARR media, la percentuale di soggetti liberi da qualsiasi progressione EDSS e il numero medio di nuove lesioni CUA per soggetto per scansione. La popolazione ITT (81,2%) ha avuto un follow-up di 48 settimane. La demografia e l’attività della malattia al basale erano simili tra i gruppi, fatta eccezione per il tempo dalla diagnosi (in media: 10,4 nel gruppo Vit.D e 14,8 nel gruppo placebo).
 
Risultati incoraggianti
Alla settimana 48 non esistevano differenze significative nello stato DAF tra Vit.D e placebo (37,2% vs 35,3%; p = 0,912). Anche il confronto in termini di condizioni NEDA (No Evidence of Disease Activity: 36,3% vs 35,3%) non hanno mostrato differenze. Non sono state osservate inoltre differenze significative tra gruppi circa l’ARR medio (0,28 vs 0,41; p = 0,165) o per la percentuale di soggetti liberi da qualsiasi progressione EDSS (71,7% vs 75,0%; p = 0,566). In sostanza «l’ARR è risultato più basso nel gruppo Vit.D ma non ha raggiunto la significatività statistica» riporta Smolders.
 
Alla settimana 48, la Vit.D è apparsa associata a una riduzione del 32% del numero di nuove lesioni CUA rispetto al placebo (p = 0,005). La quota di soggetti liberi da nuove lesioni ipointense in T1 era significativamente più alta con il colecalciferolo rispetto al placebo nei pazienti di età compresa tra 18 e 30 anni (85,7% vs 46,8%; p = 0,006), ma non nella popolazione ITT. Dunque «la Vit.D è risultata associata ad outcomes RM migliori in modo statisticamente significativo» osserva Smolders.
 
Anche qui, come nell’altro studio, i risultati di sicurezza sono stati del tutto sovrapponibili a quelli del placebo in termini di eventi avversi emergenti dal trattamento (TEAE).
 
«Anche se l’endpoint primario non è stato raggiunto» commenta Smolders «SOLAR ha dimostrato l’effetto della supplementazione di Vit.D nei pazienti con RRMS in termini di minori nuove lesioni CUA. La somministrazione di Vit.D potrebbe essere più efficace nelle fasi iniziali della malattia in cui è probabile un’intensa attività infiammatoria».
 
Ricapitolando, le conclusioni del SOLAR per Smolders sono le seguenti: la vit.D ad alte dosi non ha dimostrato un effetto sull’outcome primario NEDA rispetto al placebo ma ha però migliorato gli outcomes RM in modo significativo rispetto al placebo. L’ARR è stata ridotta dalla Vit.D anche se non ha raggiunto la significatività statistica. «Dunque SOLAR non ha mostrato un effetto significativo sull’endpoint primario, ciò nonostante i reperti ARR e RM suggeriscono un beneficio da alte dosi di colecalciferolo» dichiara il ricercatore.
 
Giorgio Ottone

Bibliografia:
1) Smolders J, Damoiseaux J, Menheere P, Hupperts R. Vitamin D as an immune modulator in multiple sclerosis, a review. J Neuroimmunol, 2008;194(1-2):7-17.
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2) Camu W, Pierrot-Deseilligny C, Hautecoeur P, et al. Cholecalciferol supplementation in Relapsing Multiple Sclerosis patients treated with subcutaneous interferon beta-1a: a Randomized Controlled Trial. Abstract P750. AAN 2017, Boston.
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3) Hupperts R, Smolders J, Vieth R, et al. High dose cholecalciferol (vitamin D3) oil as add-on therapy in subjects with relapsing remitting multiple sclerosis (RRMS) receiving subcutaneous interferon beta-1a (scIFNbeta-1a). Abstract 166. AAN 2017, Boston.
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