I pazienti con artrite oggi possono valutare il deficit di vitamina D



Si è tenuta nella penultima giornata di lavori del Congresso EULAR la presentazione dettagliata dei risultati dello studio relativo alla messa a punto del questionario D-PROq, il cui razionale è stato anticipato nella nostra intervista con il prof. Maurizio Cutolo, presidente EULAR e coautore del lavoro.

La presentazione dei risultati è stata tenuta dalla dr.ssa Vojinovic, coautrice dello studio, ricercatrice in forze presso l’Università di Nis (Serbia)

Prima di passare alla descrizione dei risultati, la dr.ssa Vojinovic ha ricordato come sia noto da tempo in letteratura che la condizione di deficit di vitamina D sia legata ad un incremento della severità di malattia e ad outcome peggiori e come i livelli sierici di idrossivitamina D [25(OH)D] non vengano sempre monitorati e che, quando lo sono, non riflettono necessariamente la concentrazione della forma biologicamente attiva nei tessuti.

“Specialmente nel corso dell’estate – ha ricordato la dr.ssa Vojinovic – ci si può trovare a misurare livelli accettabili di 25(OH)D ma, al contempo, essere di fronte a pazienti con severa insufficienza o deficit tissutale”. Di qui, dunque, la necessità di un questionario di autovalutazione ad uso del paziente per misurare i segni indicativi di deficit di vitamina D attiva.

Per validare il questionario, gli autori dello studio hanno raccolto i dati relativi a 625 pazienti affetti da AR (in maggioranza donne – n=514), aventi un’età media di 55 anni, e 276 soggetti sani, incrociati in base all’età e al sesso, residenti in 13 paesi europei. Tutti i soggetti reclutati nello studio sono stati sottoposti a misurazione dei livelli sierici di vitamina D e tutti hanno compilato il nuovo questionario, noto con la sigla D-PROq. “D-PROq – ha spiegato la dr.ssa Vojinovic – raccoglie informazioni sulle variazioni osservate a livello della pelle, delle unghie e dei capelli, insieme a problemi muscolari, dolore osseo e articolare, astenia, problemi a carico del sistema nervoso, abitudini alimentari, svolgimento quotidiano attività fisiche, trattamenti farmacologici in corso, e supplementazione di vitamina D.

”Il questionario, sulla scorta di queste informazioni, permette di calcolare un Global Risk Score , risultante dalla somma dell’Habitus Risk Score e del Symptoms Risk Score, che è un valore numerico che misura la condizione di deficit vitaminico.

I ricercatori hanno raccolto i dati relativi ad alcune misure standard di outcome, quali il punteggio DAS28 di attività di malattia, quello riportato nel questionario HAQ (sullo stato funzionale del paziente affetto da AR) e il punteggio RAID (RA Impact of Disease) relativo alla severità di malattia. In questo modo, sono stati in grado di documentare l’esistenza di una forte correlazione tra il rischio calcolato di deficit vitaminico nel questionario D-PROq e i livelli sierici di vitamina D misurati nei pazienti con AR.

In particolare, è stato osservato che la severità della condizione di deficit vitaminico, stimata dal D-PROq, correlava bene anche con l’attività e la severità di malattia misurate dai punteggi DAS28 (p<0,001), RAID (p= 0,03) e HAQ (p<0,01).

Le implicazioni future dello studio sono molto intriganti – ha commentato la dr.ssa Vojinovic – in quanto fanno intravvedere la possibilità per il paziente che scopre di essere a rischio elevato di ipovitaminosi D di porvi rimedio cambiando in modo opportuno le abitudini alimentari, quelle relative all’esposizione solare fino alla possibilità di ricorrere, eventualmente, alla supplementazione vitaminica.”