Quando ricorrere alla supplementazione vitaminica e in quale forma?



Considerando che l’alimentazione in Italia fornisce in media circa 300 UI/die e che nel periodo invernale l’esposizione solare è assente, per mantenere livelli sufficienti di vitamina D è necessario seguire le “buone regole” per la giusta produzione cutanea o, per chi non ha tempo o ne è impossibilitato, assumere supplementi farmacologici su consiglio del proprio medico.

A riguardo della supplementazione vitaminica, è necessario fare una netta distinzione tra le diverse forme di vitamina D o dei suoi metaboliti al fine di correggere il deficit vitaminico D e in termini di safety.

Esistono 2 diverse forme di vitamina D: l’ergocalciferolo (D2), di origine vegetale, e il colecalciferolo (D3), di origine animale.

L’efficacia della somministrazione di un bolo di vitamina D3 nell’aumentare i livelli sierici di 25(OH)D è risultata superiore a quella della vitamina D2 e la somministrazione per os è preferibile a quella intramuscolare.

La somministrazione di vitamina D3 è del tutto sicura in quanto solo la quantità necessaria all’organismo momento per momento (rigidamente regolata secondo i livelli di paratormone, calcemia e fosforemia) verrà idrossilata e quindi trasformata nell’ormone attivo (calcitriolo).

Al contrario, l’uso dei metaboliti già idrossilati in posizione 1 (ormone attivo) sfugge a tutti i meccanismi fisiologici di controllo già descritti e quindi può esporre al rischio di un sovradosaggio e quindi di intossicazione. Oltre a ciò va considerata la brevissima emivita del calcitriolo, dell’ordine di poche ore, che richiede la scomoda duplice somministrazione giornaliera.

Di conseguenza, la prevenzione della carenza di vitamina D con metaboliti attivi è del tutto ingiustificata oltre che pericolosa. Richiede il monitoraggio periodico della calcemia e della calciuria, requisito questo inadatto per strategie comunitarie di prevenzione dell’ipovitaminosi D o per la gestione di trattamenti a lungo termine di malattie croniche e sociali come l’osteoporosi.

L’uso di questi metaboliti è ragionevole solo in pazienti con insufficienza renale medio-grave o con alcune forme di malassorbimento intestinale o con ipoparatiroidismo.