Quale ruolo per la vitamina D nella sopravvivenza dal cancro del colon retto?



La ricerca scientifica ed epidemiologica indica che i fattori dietetici e altri fattori legati allo stile di vita hanno un’influenza significativa sul rischio di sviluppare il cancro del colon-retto. Poco si sa, invece, su come questi fattori possano influenzare la sopravvivenza dei pazienti con un tumore del colon-retto conclamato.

Dando seguito alla raccomandazione di un documento di consenso dell’American Cancer Society in cui si sottolinea l’urgente necessità di ulteriori ricerche sugli effetti della dieta e dell’attività fisica sulla prognosi dei sopravvissuti al cancro, il Center for Gastrointestinal Oncology del Dana-Farber Cancer Institute, ha sviluppato un innovativo programma di ricerca traslazionale interdisciplinare  per chiarire il ruolo della dieta e dello stile di vita nella sopravvivenza dei pazienti affetti da cancro del colon-retto .

Tra i fattori individuati dagli esperti come potenzialmente protettivi ci sono l’esercizio fisico, evitare la dieta tipica dei Paesi occidentali, mantenere un indice di massa corporea normale, l’uso di aspirina e il livello della vitamina D.

Per la vitamina D, in particolare, molti dati di laboratorio nonché studi epidemiologici suggeriscono un potenziale effetto antineoplastico. I ricercatori stanno cercando di capire meglio i meccanismi biologici attraverso cui la vitamina D può contribuire alla patogenesi del cancro del colon-retto e del potenziale impatto clinico della supplementazione con questa vitamina sulla gestione del paziente .

L’ipotesi che lo status della vitamina D sia in qualche modo correlato con il cancro del colon-retto ha ricevuto un forte supporto sperimentale negli ultimi due decenni in virtù della scoperta dell’espressione quasi ubiquitaria nelle cellule tumorali del colon del recettore della vitamina D (VDR) 8,9 e della 1-a-idrossilasi (CYP27B1), che converte la 25 -idrossivitamina D3 [25(OH) D] plasmatica n 1,25 – diidrocolecalciferolo [1,25(OH)2D], il metabolita attivo della vitamina. Il legame tra il VDR e 1,25(OH)2D porta a un controllo trascrizionale dei geni bersaglio, con una conseguente induzione del differenziamento e dell’apoptosi, un’inibizione della proliferazione, dell’angiogenesi e del potenziale metastatico.

La vitamina D inibisce la crescita e promuove la differenziazione delle linee cellulari del cancro del colon-retto e degli xenotrapianti. Inoltre, si è visto che ratti nutriti con una dieta arricchita di 1,25(OH)2D sviluppano meno tumori intestinali e metastasi rispetto ai controlli e che il trattamento di topi ApcMin con vitamina D o un analogo sintetico riduce la dimensione degli adenomi intestinali; in più, dati epidemiologici suggeriscono anche che la vitamina D svolge un ruolo nella carcinogenesi del cancro del colon-retto. Una metanalisi di 9 studi prospettici hanno dimostrato che le persone con alti livelli plasmatici di 25(OH)D, il migliore indicatore dello stato della vitamina D, hanno un rischio significativamente inferiore di sviluppare questo tumore.

Tuttavia, l’influenza della vitamina D sulla sopravvivenza dei pazienti con un tumore del colon-retto conclamato rimane incerta e sono stati fatti diversi studi per cercare di colmare questa lacuna informativa.

Il gruppo di Kimmie Ng, del Dana-Farber Cancer Institute, ha misurato nei 304 pazienti colpiti da un carcinoma del colon-retto nel Nurses’ Health Study (NHS) e nell’Health Professionals Follow-up Study (HPFS ) per i quali erano disponibili i campioni ematici le concentrazioni di 25(OH)D prima della diagnosi di cancro del colon-retto e ha valutato la correlazione con la sopravvivenza.

Gli autori hanno così scoperto che livelli elevati di 25(OH)D nel plasma erano associati a una significativa riduzione della mortalità. Questo dato è stato poi successivamente confermato in un altro studio su 1017 pazienti affetti da cancro del colon-retto nel NHS e HPFS, dove livelli più alti di vitamina D post-diagnosi calcolati sulla base di noti determinanti clinici dello stato della vitamina D sono risultati associati in modo significativo a una sopravvivenza maggiore, sia globale (HR 0,62; IC al 95% 0,42-0,93; P trend = 0,002) sia dovuta al cancro (HR 0,50; IC al 95% 0,26-0,95; é trend = 0,02).

Analizzando i pazienti in sottogruppi, il vantaggio di una concentrazione plasmatica maggiore di 25(OH)D è sembrato più pronunciato nei pazienti in stadio III e IV che non in quelli in stadio I e II (HR 0,40 contro 0,90 rispettivamente, confrontando i quartili estremi).

Per valutare ulteriormente i benefici della vitamina D nel cancro del colon retto in stadio avanzato, il gruppo della Ng ha analizzato i livelli plasmatici di 25(OH)D nei campioni prelevati al momento dell’arruolamento di 515 pazienti affetti da cancro del colon-retto in stadio IV arruolati in uno studio clinico sulla chemioterapia palliativa sponsorizzato dal National Cancer Institute (North Central Cancer Treatment Group N9741).

Le analisi hanno mostrato in questa popolazione livelli circolanti di 25(OH)D estremamente bassi, con un livello medio di 20,0 ng/ml. Infatti, solo il 10% della coorte aveva livelli ? 33 ng/ml, la soglia ritenuta necessaria per avere un effetto protettivo della vitamina D sul rischio di cancro del colon-retto. Questi bassi livelli di plasma 25(OH)D sono preoccupanti soprattutto alla luce delle evidenze epidemiologiche e di laboratorio che livelli più elevati sono associati a un outcome migliore.

Considerati la prevalenza elevata della carenza e dell’insufficienza di vitamina D tra i pazienti con un cancro del colon-retto metastatico, la scoperta che la vitamina D ha un beneficio maggiore nei pazienti in fase avanzata e gli studi preclinici che hanno suggerito una possibile sinergia tra farmaci vitaminici e citotossici come il platino e il 5-FU, ora i ricercatori stanno cercando di tradurre questi  risultati in un intervento clinico per i pazienti.

La Ng e il suo gruppo sanno attualmente conducendo uno studio multicentrico di fase II, randomizzato, in cieco e controllato con placebo in cui si sta valutando il regime FOLFOX + bevacizumab in combinazione con dosi standard di vitamina D3 (400 UI/die) oppure con un dosaggio più elevato di vitamina D3 (4000 UI/die) in pazienti affetti da cancro del colon-retto in stadio IV, non trattati in precedenza. L’endpoint primario dello studio è la sopravvivenza libera da progressione. Lo studio coinvolgerà 120 pazienti e l’arruolamento è già iniziato presso diversi centri negli Stati Uniti. Da tutti i pazienti saranno raccolte serie di campioni di plasma e DNA, che saranno archiviati per poter essere utilizzati in studi futuri di confronto.

Tali studi saranno fondamentali per comprendere appieno il ruolo della vitamina D nella patogenesi del cancro del colon-retto. Nonostante l’abbondanza dei dati disponibili, i precisi meccanismi molecolari e genetici alla base degli effetti antineoplastici della vitamina D sono ancora sconosciuti . Di conseguenza, presso il Dana-Farber/Harvard Cancer Center è partito un progetto sul carcinoma gastrointestinale volto a scoprire i bersagli trascrizionali del VDR in linee cellulari, modelli murini di xenotrapianto e campioni di tumore al colon umani. Inoltre, sono in corso diverse analisi sui polimorfismi germinali nei geni del pathway della vitamina D per determinare se le variazioni genetiche influenzano in modo significativo la risposta alla supplementazione di vitamina D così come gli outcome dei pazienti affetti da questo tumore.

La possibilità di modulare la progressione del cancro del colon-retto mediante fattori nutrizionali e legati allo stile di vita è realistica, ma non sufficientemente studiata, e per stabilire un nesso di causalità è necessario un approccio clinico e traslazionale che vada oltre gli studi puramente osservazionali. Inoltre, il chiarimento del meccanismo biologico alla base di questi risultati clinici aumenterebbe l’accettabilità della vitamina D come elemento essenziale per la prevenzione e il trattamento del cancro.

In quest’epoca di farmaci antineoplastici costosi e spesso tossici, la vitamina D rappresenta un’opzione terapeutica interessante per i pazienti e per gli oncologi sia sul fronte della sicurezza sia su quello dei costo e migliorare la comprensione della vitamina D nel cancro del colon-retto potrebbe potenzialmente cambiare il paradigma nella gestione di questa malattia .

Ci sembra opportuno precisare che quella esposta è una ricerca sperimentale che per ora non deve dare alcuna indicazione terapeutica per la quale sono necessarie, da una parte maggiori evidenze cliniche, dall’altra le indispensabili approvazioni delle autorità regolatorie.