Lupus, supplementazioni con vitamina D di breve durata non modificano espressione genica



Stando ad uno studio pubblicato online ahead-of-print sulla rivista Arthritis & Rheumatology, Il ricorso a supplementazioni con vitamina D per periodi di tempo ridotti non produce effetti sull’espressione di geni inducibili da interferone alfa un pazienti con lupus eritematoso sistemico (LES) stabilizzato.

E’ noto in letteratura come la vitamina D, tra i suoi molteplici effetti sul sistema immunitario, inibisca la maturazione delle cellule dendritiche. Questa osservazione è molto importante nel caso del LES, una patologia ad eziologia auto-immunitaria dove, invece, il siero dei pazienti promuova la maturazione di queste cellule, responsabili dell’innesco di risposte auto-immunitarie. Il meccanismo alla base della promozione della maturazione di queste cellule sarebbe legato alla sovraespressione di geni inducibili da interferone. Questa sorta di “firma citochinica” sarebbe riscontrata in un paziente su 2 affetti da LES, e più frequentemente nei pazienti con attività di malattia.

Dal momento che la vitamina D modula la risposta immunitaria e blocca l’attivazione, indotta da interferone, di quei geni coinvolti nei meccanismi auto-immunitari tipici del LES, obiettivo degli autori di questo studio multicentrico è stato quello di studiare gli effetti della supplementazione vitaminica su questa “firma citochinica” in pazienti con LES inattivo stabilizzato che presentavano una condizione di deficit vitaminico.

A tal scopo, 57 pazienti con LES clinicamente stabilizzato, un set di geni indotto da interferone e livelli ematici di 25(OH)D <25 ng/mL, sono stati randomizzati a supplementazione vitaminica quotidiana con 2.000 UI/die o 4.000 UI/die di colecalciferolo (vitamina D3) o a placebo per 12 settimane. La cosiddetta “firma citochinica da interferone” era definita dai livelli di tre geni inducibili da interferone-alfa. La risposta della “firma citochinica” era definita come una riduzione >50% dell’espressione basale di un gene o come una riduzione >25% di due-tre genu inducibili da interferone-alfa.
I ricercatori hanno provveduto a misurare l’espressione genica dei geni inducibili, i livelli di vitamina D e il rapporto urinario calcio/creatinina sia all’inizio dello studio che dopo, rispettivamente, 6 e 12 settimane dall’inizio del trattamento.

I risultati hanno mostrato che la replezione dei livelli ematici di 25(OH)D, definita da valori di questo parametro ≥30 ng/mL, non è stata raggiunta in nessun paziente allocato nel gruppo placebo, mentre è stata documentata nel 33% dei pazienti in trattamento con supplementazione di vitamina D a basso dosaggio e nel 61% dei pazienti in trattamento con supplementazione di vitamina D ad alto dosaggio a 12 settimane dall’inizio del trattamento (p=0,17 per il confronto ‘supplementazione high dose vs supplementazione low dose; p<0.001 per il confronto delle supplementazioni in pool vs placebo). La replezione correlava con i livelli basali di 25(OH)D, indipendentemente dalla dose di vitamina D3 utilizzata, e veniva raggiunta più frequentemente nei pazienti con i livelli basali di 25(OH)D più elevati in partenza. Le risposta dei geni indotti da interferone-alfa alla supplementazione o al trattamento placebo non sono risultate, invece, significativamente differenti nei 3 bracci di trattamento. Infatti, la risposta al trattamento è stata osservata nel 37% dei pazienti in trattamento con placebo, nel 24% dei pazienti sottoposti a supplementazione vitaminica a basso dosaggio e nel 28% dei pazienti sottoposti a supplementazione vitaminica ad alto dosaggio. Nel complesso, il 26% dei pazienti sottoposti a uno dei due regimi di supplementazione vitaminica ha sperimentato una risposta dei geni indotti da supplementazione vitaminica. Anche i livelli ematici di 25(OH)D non presentavano un effetto significativo sulla risposta dei geni inducibili da interferone-alfa: questa è stata documentata nel 31% dei pazienti che presentavano livelli di 25(OH)D ≥30 ng/mL e nel 35% di quelli con livelli di 25(OH)D <30 ng/mL. Anche la scelta di differenti punti di cut-off dei livelli di 25(OH)D (25 ng/mL o 20 ng/mL) non aveva influenza sul risultato. Inoltre, dopo aggiustamento dei dati in base ai valori basali, non sono state documentate differenze significative dei livelli medi di 25(OH)D tra pazienti con risposta dei geni inducibili da interferone-alfa o senza risposta sia alla sesta che alla dodicesima settimana di trattamento. Anche i risultati di un'analisi genetica post-hoc hanno confermato che né la supplementazione con vitamina D3 né il raggiungimento di livelli di 25(OH)D>30 ng/mL era in grado di ridurre l’espressione complessiva dei geni inducibili da interferone-alfa.
Nel complesso, i risultati dello studio mostrano, in conclusione, come la supplementazione con vitamina D3 fino a 4.000 UI/die per 12 settimane sia sicura e ben tollerata, anche se non in grado di ridurre l’espressione di geni inducibili da interferone-alfa in pazienti con LES stabilizzato, relativamente inattivo.

Lungi, però, dal ritenere inutile la supplementazione vitaminica inutile tout-court in questi pazienti, gli autori dello studio ipotizzano che il raggiungimento di livelli di idrossivitamina-D [25(OH)D] >40 ng/mL e il ricorso a regimi di supplementazione vitaminica di più lunga durata potrebbero ridurre l’espressione di questi geni in pazienti con LES stabilizzato, relativamente inattivo.
Nicola Casella

Aranow C, et al “Double-blind randomized placebo-controlled trial of the effect of vitamin D3 on the interferon signature in patients with systemic lupus erythematosus” Arthritis Rheumatol 2015; DOI: 10.1002/art.39108.
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