Livelli ridotti di vitamina D legati a declino cognitivo



I risultati di uno studio pubblicato online ahead-of-print sulla rivista Jama Neurology (1) hanno mostrato come la condizione di ipovitaminosi D sia molto comune negli anziani, soprattutto quelli di etnia Afro-Americana ed Ispanica, e si associ ad un’accelerazione del declino della memoria temporanea e delle funzioni esecutive, due domini cognitivi strettamente associati con il morbo di Alzheimer. Ciò suggerisce un razionale alla supplementazione vitaminica in pazienti con declino cognitivo da approfondire con studi randomizzati e prospettici ad hoc.

Numerose osservazioni presenti in letteratura suggeriscono da tempo l’esistenza di un legame tra la carenza di vitamina D e il rischio di andare incontro a demenza. Tra i meccanismi proposti per spiegare questo legame (2) vi sarebbero l’ubiquitarietà dei recettori per la vitamina nel tessuto cerebrale (comprese le aree coinvolte nei processi relativi alla funzione mnemonica) nonchè il coinvolgimento di alcune aree cerebrali nella produzione dell’enzima che sintetizza la vitamina D nella sua forma attiva (1,25-D3) che regola l’espressione di alcuni fattori trofici cerebrali quali l’NGF e la sopravvivenza, lo sviluppo e la funzionalità delle cellule neurali.

La vitamina D, inoltre, sarebbe in grado di stimolare in vitro i macrofagi, con conseguente aumento della clearance delle placche amiloidi, tratto distintivo della malattia di Alzheimer (AZ) nonché di ridurre la citotossicità e l’apoptosi dei neuroni corticali primari indotta dalla sostanza amiloide beta. Infine, è stato osservato che il deficit di questa proteina è associato ad un aumento del rischio di ictus.

Gli anziani sono gli individui maggioramente soggetti ad ipovitaminosi D in ragione della ridotta assunzione alimentare e della scarsa esposizione solare.

La presenza di dati confliggenti sulla relazione prospettica tra i livelli di idrossivitamina D (25-OHD) e lo sviluppo di deficit cognitivo ha sollecitato la messa a punto di questo nuovo ampio studio, nel corso del quale i ricercatori hanno valutato lo status basale di vitamina D e le variazioni relative ad alcuni domini della funzione cognitiva, tramite opportuni test, in 382 soggetti adulti aventi un’età media di 75, 5 anni. Di questi, il 62% era di sesso femminile mentre, per quanto riguarda il gruppo etnico di provenieinza, il 41% era di etnia Caucasica, il 30% di etnia Afro-Americana, il 25% di etnia Ispanica e il 4% di altre etnie.

Inoltre, al reclutamento, nel 17,5% dei soggetti inclusi nello studio era stata diagnosticata demenza, nel 32,7% dei pazienti una compromissione cognitiva lieve (MDI), mentre il 49,5% dei pazienti presentava funzioni cognitive nella norma.

I livelli medi ematici al basale di idrossivitamina D [25(OH)D] erano al di sotto degli standard USA (20-50 ng/nL), attestandosi sui 19,2 ng/mL. Più di un quarto dei partecipanti allo studio era in condizioni di deficit vitaminico franco (25-OHD <12 ng/mL), mentre il 35,1% del campione   era affetto da insufficienza vitaminica (12 to <20 ng/mL).

I risultati dello studio hanno documentato, innanzitutto, l’esistenza di vari livelli medi di 25(OH)D in relazione al gruppo etnico di appartenenza, con valori più ridotti negli Afro-Americani (17,9 ng/mL) e negli Ispanici (17,2 ng/mL) rispetto ai Caucasici (21,7 ng/mL). Anche la prevalenza della condizione di deficit vitaminico variava in relazione al gruppo etnico di appartenenza, con valori più alti negli Afro-Americani (42,5%) e negli Ispanici (28,1%) rispetto ai Caucasici (13,3%).

Quanto alla relazione tra i livelli medi di 25(OH)D e lo stato cognitivo, è stato osservato che i livelli medi di 25(OH)D erano più bassi nei soggetti affetti da demenza (16,2 ng/mL) rispetto a quelli affetti da MCI (20 ng/mL) o con funzioni cognitive nella norma (19,7 ng/mL).

Inoltre, la prevalenza delle condizioni di deficit e di insufficienza vitaminica è risultata più elevata nei soggetti con demenza (35,8% e 40,3%, rispettivamente), rispetto ai soggetti con funzione cognitiva nella norma (24% e 32,8%), anche se le differenze osservate non hanno raggiunto la significatività statistica.

Infine, nel corso di un follow-up della durata media di 4,8 anni, i tassi di declino della memoria temporanea e della funzione esecutiva sono risultati più elevati negli adulti con deficit o insufficienza vitaminica, dopo aggiustamento dei dati per un’ampia serie di fattori confondenti quali l’età, il sesso di appartenenza, il livello di istruzione, l’etnia, il BMI, la stagione nella quale è stato eseguito il prelievo ematico per la valutazione dei livelli di 25(OH)D, il rischio vascolare e il genotipo relativo all’apolipoproteina E4 (unico fattore noto di rischio genetico di Alzheimer).

Lo status vitaminico D, invece, non è risultato associato in modo statisticamente significativo con il declino della memoria semantica o l’abilità visuo-spaziale.

Nel commentare i risultati, gli autori dello studio hanno rimarcato come la condizione di insufficienza di vitamina D sia risultata associata in modo statisticamente significativo ad un declino più rapido sia della memoria temporanea che della funzione esecutiva – condizioni predisponenti ad un rischio più elevato di incidenza di demenza da Alzheimer – indipendentemente dal gruppo etnico di appartenenza, dalle abilità cognitive di base e dalla presenza di altri fattori di rischio.”

Tuttavia gli autori hanno sottolineato che, mentre il tasso di declino cognitivo negli Afro-Americani e negli Ispanici “…non sembra essere influenzato in misura maggiore o minore dallo status di ipovitaminosi D, non si può escludere che questi gruppi, presentando una prevalenza più elevata sia delle condizione di deficit che di insufficienza vitaminica, possano essere maggiormente suscettibili a rapido declino cognitivo in età avanzata. Sono necessari pertanto nuovi studi disegnati ad hoc che siano in grado di esplorare questa possibilità”.

Pertanto, alla luce di questi dati e dell’assenza di trattamenti efficaci contro l’Alzheimer, i risultati di questo studio suffragano la messa a punto di trial clinici ad hoc, in grado di valutare l’impatto della correzione dell’ipovitaminosi D legata all’età sulle performance cognitive.

Bibliografia

  1. Miller JW et al. Vitamin D Status and Rates of Cognitive Decline in a Multiethnic Cohort of Older Adults. JAMA Neurol. Published online September 14, 2015. leggi
  1. Littejohns T et al. Vitamin D and the risk of dementia and Alzheimer disease. Neurology 2014;83:1-9. leggi