Livelli materni elevati di vitamina D si associano a meno nati pre-termine



Lo status vitaminico D rappresenta un fattore di rischio materno modificabile per la prevenzione nei nati pretermine.Lo confermano i dati di uno studio di recente pubblicazione su PloS che hanno dimostrato come concentrazioni materne di vitamina di uguali o superiori a 40 ng/mL si associno ad una riduzione sostanziale di neonati pre-termine in una popolazione variegata di donne USA.
 
Nel 2010 si sono contate 15 milioni di nascite pre-termine ( Dal momento che la nascita pre-termine rappresenta la causa principale di morte neonatali e di problemi di salute a breve e a lungo termine, si impone come cruciale l’identificazione di fattore di rischio materni modificabili che potrebbero ridurre in modo significativo il rischio sopra indicato a livello di popolazione.
 
“Numerosi studi epidemiologici – ricordano gli autori – hanno documentato la presenza di un’associazione tra elevate concentrationi sieriche materne di 25(OH)D e un rischio ridotto di nascite pre-termine”. Inoltre, un’analisi post-hoc di due trial sul ricorso alla supplementazione vitaminica D in gravidanza ha mostrato che le donne con livelli di 25(OH)D pari o superiori a 40 ng/mL avevano un rischio ridotto di nascite pre-termine del 59% rispetto a quanto osservato nelle donne le cui concentrazioni di 25(OH)D erano pari o inferiori a 20 ng/mL. Nei due trial clinici in questione, 4.000 UI/die di vitamina D erano in grado di permettere il raggiungimento di concentratazioni di 25(OH)D pari, almeno, a 32 ng/mL nel secondo semestre. Inoltre, la conversione di 25(OH)D nella forma attiva dell’ormone (1,25(OH)2D) risultava ottimizzata nelle gestanti a 40 ng/mL .
 
“Sulla base delle osservazioni documentate di una riduzione dei nati pre-termine nei due trial succitati – continuano gli autori – il Centro Medico associato all’Università della Sud Carolina, alla fine del 2015, ha attivato un nuovo protocollo di cura per le gestanti che prevede l’esecuzione di test di routine per la valutazione dei livelli di vitamina D e l’eventuale ricorso alla supplementazione negli stati carenziali. Tale Centro serve un’area urbana molto ampia, che prevede il trattamento di una popolazione ampia ed etnicamente eterogenea di gestanti (circa 3.000 parti/anno).
 
Obiettivo di questo nuovo studio, pertanto, è stato quelli di determinare se la relazione inversa tra le concentrazioni materne di 25(OH)D e il tasso di nati pre-termine, documentato nei trial clinici, potesse essere documentata anche nella popolazione generale assistita nella pratica clinica reale (reparto di Ostetricia sopra menzionato).
 
A tal scopo, i ricercatori hanno passato in rassegna le cartelle mediche relative a 1.064 gestanti, di età compresa tra i 18 e i 45 anni, afferite in reparto nel corso dell’ultimo biennio (2015-2016).
 
Nel corso di questo periodo, il reparto aveva implementato un protocollo di gestione di queste donne che prevedeva la valutazione routinaria dei livelli di 25(OH) nel corso della prima visita prenatale, da associare alla raccomandazione all’esecuzione del test in questione anche nel corso del follow-up. Inoltre sono state liberamente somministrate supplementazioni di vitamina D al fine di raggiungere un goal di concentrazione vitaminica pari a 40 ng/mL.
 
I ricercatori hanno calcolato i tassi di nascita pretermine ( Dai risultati è emerso che nelle gestanti che avevano effettuato almeno un test per la valutazione dei livelli ematici di 25(OH)D, il tasso di nascite pre-termine era pari al 13%. L’analisi di regressione logistica, inoltre, ha mostrato che l’età gestazionale aumentava all’innalzarsi dei livelli di 25(OH)D.
 
I ricercatori hanno osservato che le donne con livelli di 25(OH)D uguali o superiori a 40 ng/mL mostravano una riduzione del rischio di nascite pre-termine del 62% rispetto a quelle con livelli vitaminici Non solo: riduzioni del rischio di nascite pre-termine sono state osservate anche in base all’etnia (Caucasici:65%; p=0,03; non-Caucasici:68%; p=0,008) e nelle donne che erano già andate incontro ad un parto pre-termine (80%; p=0,02).
 
Nelle donne con livelli iniziali di 25(OH)D In conclusione, i risultati di questo studio hanno dimostrato come lo status vitaminico D rappresenti un fattore di rischio materno modificabile per la prevenzione delle nascite pre-termine, suffragando, in un ambiente “real world”, quanto già osservato in trial clinici sull’associazione tra concentrazioni elevate di 25(OH)D e la riduzione dei tassi di nascita pre-termine.
 
Non solo: tali risultati sottolineano anche l’importanza di raggiungere concentrazioni di 25(OH)D sostanzialmente superiori a 20 ng/mL, la concentrazione attualmente raccomandata dall’IOM USA per le donne in gravidanza per la prevenzione delle nascite pre-termine.
 
Lo studio, infine, dimostra come l’esecuzione di test per i livelli ematici di 25(OH)D e il ricorso alla supplemementazione in gestazione possano rappresentare uno strumento sicuro ed affidabile che potrebbe ridurre l’incidenza di nascite pre-termine, con il corollario di morbi-mortalità e di costi economici associati.
 
Bibliografia
McDonnell SL et al. (2017) Maternal 25(OH)D concentrations 40 ng/mL associated with 60% lower preterm birth risk among general obstetrical patients at an urban medical center. PLoS ONE 12(7): e0180483.
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