Carenza di vitamina D legata a cefalea nel sesso maschile



Livelli ematici ridotti di 25(OH)D sono associati ad un rischio marcatamente più elevato di frequenti attacchi di cefalea nel sesso maschile.
Lo dimostrano i risultati di uno studio finlandese pubblicato sulla rivista Scientific Reports, che rappresentano un razionale per l’implementazione di studi futuri sul ricorso alla supplementazione vitaminica D in funzione anti-cefalea.
 
Razionale dello studio
“Le cefalee primarie, inclusa l’emicrania, rappresentano un problema sanitario di crescente rilevanza, in quanto causa di disabilità al lavoro – ricordano gli autori nell’introduzione allo studio”.
 
Inoltre, da tempo, si discute ampiamente sul ruolo della vitamina D come il fattore alimentare chiave nel determinismo di alcune patologie ad eziologia neurovascolare.
 
“Questo tema – insistono i ricercatori – è particolarmente sentito nei paesi scandinavi e, in generale, in tutte le aree geografiche del pianete dove l’esposizione alla radiazione ultravioletta solare è piuttosto limitato in alcuni periodi dell’anno”.
 
La presenza di osservazioni contrastanti, in letteratura, sull’esistenza di un legame tra la presenza di ridotti livelli ematici di vitamina D e la cefalea, provenienti, prevalentemente, da studi di dimensioni numeriche ridotte e da case-report, ha sollecitato la messa a punto del nuovo studio, meglio dimensionato e condotto nei paesi scandinavi, avente lo scopo di confermare o meno l’esistenza dell’associazione sopra-citata.
 
Disegno dello studio e risultati principali
KIHD (The Kuopio Ischaemic Heart (Disease Risk Factor Study), inizialmente implementato per studiare la relazione esistente tra vari determinanti di salute e gli outcome CV, è uno studio prospettico di coorte, condotto su una popolazione reclutata di 2.682 individui di sesso maschile di mezza età (da 42 a 60 anni) provenienti dalle regioni orientali della Finlandia.
 
I dati di questo studio provenienti dal sottogruppo di pazienti cefalalgici, sono stati raccolti tra il 1984 e il 1989.
Nello specifico, gli individui che documentavano il manifestarsi di episodi di cefalea con periodicità mensile o giornaliera tramite opportuni questionari, sono stati classificati come soggetti a rischio di attacchi frequenti di cefalea.
 
Di questi, sono stati valutati i livelli ematici di 25(OH)D mediante prelievo ematico a digiuno, effettuato all’inizio del follow-up.
 
Dai dati relativi ottenuti su 2.601 individui di sesso maschile, dalle cui cartelle cliniche era possibile conoscere sia i livelli ematici di 25(OH)D che il numero e le caratteristiche degli attacchi cefalalgici, è emerso che 250 uomini (pari al 9,6%) rientravano nella categoria sopra menzionata degli individui con frequenti attacchi di cefalea. In questi individui, i livelli sierici medi di 25(OH)D erano pari a 38,3 nmol/L (DS= 18,8), mentre in quelli con attacchi non frequenti, i livelli sierici medi di vitamina D erano pari, invece, a 43,9 n mol/L (DS= 18,9) (p<0,001).
 
All’analisi multivariata, dopo aggiustamento dei dati, è emerso che, nei partecipanti allo studio afferenti al quartile di concentrazione di vitamina D più basso, la probabilità di andare incontro ad attacchi frequenti di cefalea era elevatissima (+116%; OR= 2,16; IC95%= 1,49-3,13) rispetto agli individui appartenenti al quartile di concentrazione di vitamina D più elevato.
 
Riassumendo
Nel commentare i risultati, gli autori invitano alla prudenza: è necessario stabilire se il nesso tra i livelli di vitamina D e la frequenza degli attacchi di cefalea sia semplicemente causale o causa-effetto e la natura meramente osservazionale dello studio non consente di sciogliere questi dubbi.
 
Ad esempio, è possibile ipotizzare che gli individui che soffrono di attacchi frequenti di cefalea lo siano in quanto è meno probabile che trascorrano la gran parte del loro tempo all’aperto, risultando, quindi, meno esposti alla radiazione ultravioletta solare.
 
D’altro canto, il rischio maggiore osservato di attacchi frequenti di cefalea è stato documentato solo per il quartite di concentrazione di vitamina D più basso ( Proprio per le ragioni sopra menzionate, concludono gli autori “…è attualmente in corso uno studio prospettico, controllato e randomizzato, noto come “the Finnish Vitamin D Trial”, nel corso del quale osserveremo, su 2.500 individui di ambo i sessi, l’efficacia della supplementazione di vitamina D, a dosaggi di 40 o 80 µg/die per 5 anni, sull’outcome “cefalee”.
 
In attesa delle necessarie conferme, i ricercatori raccomandano alle popolazioni del nord-Europa di accertarsi che l’apporto di vitamina D proveniente dalla dieta o dalle misure di supplementazione vitaminica esistenti sia appropriato nel corso della stagione invernale, quando il rischio di incorrere in concentrazioni vitaminiche molto elevate è troppo basso.
 
Bibliografia
Virtanen JK et al. Low serum 25-hydroxyvitamin D is associated with higher risk of frequent headache in middle-aged and older men. Sci Rep. 2017;7:39697. doi:10.1038/srep39697
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