Bronchiectasia e Bpco, il link è la vitamina D?



Lo sviluppo della bronchiectasia nei pazienti affetti da Broncopneumopatia cronica ostruttiva potrebbe essere dipendente dalla vitamina D. È quanto ipotizzano i ricercatori di un ampio progetto in corso che si sta attuando da qualche mese presso la University Hospital of Leuven, in Belgio.

Lo studio, con a capo il dottor Wim Janssens, cercherà di identificare il meccanismo presente alla base dello sviluppo della Bronchiectasia nei pazienti con Broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco).

“Queste due uniche seppur simili malattie potrebbero essere connesse dalla vitamina D  o dall’infezione da Aspergillus fumigatus” sostengono i ricercatori che, per iniziare a testare questa ipotesi, stanno reclutando dei pazienti idonei a partecipare al trial clinico osservazionale denominato “ Detection of Aspergillus Fumigatus and Sensitization in COPD Patients With Bronchiectasis vs Without Bronchiectasis”; questo studio esaminerà 100 pazienti affetti da Bpco e identificherà le differenze tra coloro che sviluppano o meno la bronchiectasia.

Lo studio, avviato il 5 gennaio, ha previsto l’arruolamento di pazienti dai 18 anni in su che si presentano al pronto soccorso in seguito a un attacco di esacerbazione della Bpco; i pazienti arruolati devono avere una diagnosi clinica di Bpco e una storia di tabagismo di almeno 10 pacchetti all’anno. Inoltre i pazienti non devono presentare altre malattie respiratorie e malattie da micobatteri attivi.

Per raccogliere i dati necessari, i medici indurranno la produzione di espettorato nei pazienti dopo aver misurato il Volume Espiratorio Massimo ad 1 Secondo” (Fev1) e verificato che sia sufficiente (>30%) abbastanza per essere considerato sicuro. I campioni di espettorato saranno valutati per la presenza di A. fumigatus.

In aggiunta ai dati provenienti dai campioni di espettorato, saranno usati i risultati ottenuti dai prick test cutanei per la diagnosi delle malattie allergiche IgE-mediate. I medici applicheranno un estratto di A. fumigatus sull’avambraccio dei pazienti prima di effettuare il prick test.

Infine, i medici utilizzeranno il Medical Research Council Scale, il Copd Assessment Test e il Respiratory Questionnaire di San Giorgio per determinare la gravità dei sintomi del paziente e la qualità della vita. Tutti i dati saranno poi confrontati tra i due gruppi, definiti dalla presenza o meno della bronchiectasia.

Una volta completata la raccolta di tutti questi risultati, i dati verranno utilizzati per le future valutazioni che verranno effettuate sulla base dell’ipotesi sostenuta dai ricercatori che sostengono che lo sviluppo della bronchiectasia nella Bpco sia controllato dalla vitamina D e fallisca in seguito alla soppressione del recettore della vitamina D da parte dell’ A. fumigatus.

Questa ipotesi è supportata soprattutto da un precedente lavoro intitolato “Vitamin D-binding protein contributes to COPD by activation of alveolar macrophages” in cui gli autori concludono che l’associazione tra la proteina legante la vitamina D e la Bpco può essere mediata dagli effetti sull’attivazione dei macrofagi, poiché questa proteina è correlata alla Fev1 e interessa l’attivazione dei macrofagi; quindi questo studio indicherebbe che il legame tra vitamina D, come risultato dei polimorfismi genetici della proteina legante la vitamina D, e la Bpco sono già esistenti.

Lo studio in corso, condotto dal dottor Janssens, potrebbe estendere questo legame includendo la bronchiectasia.

Monica Guarini
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