Bassi livelli di vitamina D legati al diabete più che all’obesità



Stando ai risultati di uno condotto da ricercatori spagnoli e pubblicato ahead-of-print sulla rivista JCEM (Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism), la presenza di ridotti livelli ematici di vitamina D sarebbe associata in modo più stretto alla condizione diabetica piuttosto che all’obesità. Ciò, dunque, implicherebbe un incremento del rischio di diabete tipo2 nei soggetti con deficit vitaminico D.
“La relazione esistente tra i livelli di idrossivitamina D [25(OH)D] da un lato, e l’obesità e il diabete di tipo 2 dall’altro, presenta ancora oggi molte ombre – ricordano gli autori dello studio nell’introduzione al lavoro”.

D’altro canto in letteratura è ormai assodato che l’espressione del recettore della vitamina D (VDR) a livello del tessuto adiposo sia legata all’obesità e possa essere regolata dal calcitriolo [1,25-diidrossivitaminaD3], la forma biologicamente attiva della vitamina D.
La maggior parte degli studi che hanno preso in esame la relazione esistente tra i livelli di 25(OH)D in relazione all’indice di massa corporea (BMI) ha omesso di considerare se i pazienti considerati fossero o meno diabetici. “Ciò – sottolineano gli autori – è di particolare rilevanza se si considera che la maggior parte dei pazienti obesi presenta alterazioni del metabolismo del glucosio”. Di qui la necessità per gli autori di approfondire la questione allo scopo di “…capire se la condizione di deficit vitaminico D sia legata esclusivamente all’obesità o se, invece, sia una conseguenza di un alterato metabolismo del glucosio”.

Obiettivo dello studio, pertanto, è stato quello di analizzare i livelli ematici di 25(OH)D e l’espessione genica di VDR, a livello del tessuto adiposo, in relazione al BMI e allo status glicemico nonché di esaminare l’effetto di calcitriolo sul tessuto adiposo in relazione al BMI in soggetti ospedalizzati per interventi chirurgici programmati.

A tal scopo, sono stati presi in considerazione due gruppi: il primo, costituito da 118 individui classificati come magri, sovrappeso, obesi o francamente obesi e, al contempo, normoglicemici (livelli glicemia a digiuno < 100 mg/dL e indice HOMA (homeostasis model of assessment for insulin resistance <3,5), prediabetici o diabetici (glicemia a digiuno >100 mg/dL).
Il secondo gruppo, invece, era costituito da 30 pazienti obesi divisi, a loro volta, in due gruppi in base allo stato glicemico (normoglicemici o prediabetici e diabetici).

I pazienti reclutati nello studio sono stati sottoposti a prelievo ematico in corso di chirurgia bariatrica nei soggetti francamente obesi o nel corso di operazioni di ernia iatale o colecistectomia in soggetti magri, in sovrappeso oppure obesi.
Inoltre, il tessuto adiposo utilizzato per valutare l’espessione genica di VDR è stato ottenuto da 3 donatori normoglicemici ma francamente obesi e da tre donatori normoglicemici sani.

I risultati dello studio hanno mostrato che i livelli ematici di 25(OH)D erano inferiori nei pazienti prediabetici e diabetici rispetto ai pazienti normoglicemici, fino a raggiungere la significatività statistica nei pazienti magri e in quelli francamente obesi (p<0,05). Un'analisi successiva dei dati ha indicato, inoltre, che i livelli ematici di 25(OH)D erano correlati negativamente con i livelli di glucosio e l'indice HOMA-IR, ma non con il BMI. Passando ai dati di espressione genica, l'espressione del gene VDR è risultata significativamente più elevata nei pazienti francamente obesi rispetto agli altri gruppi (p<0,05). Inoltre, è stato osservato che la stimolazione con calcitriolo del tessuto adiposo proveniente da pazienti obesi era in grado di aumentare in modo significativa l'espressione del gene VDR. Tale effetto, invece, non è stato documentato nei campioni di tessuto adiposo provenienti da soggetti magri. Nel commentare i risultati, gli autori hanno ammesso che un limite dello studio consisteva nell'allocazione dei pazienti prediabetici e diabetici in uno stesso gruppo. Ciò, spiegano gli autori, è spiegabile con le difficoltà intrinseche legate all'individuazione di soggetti diabetici magri. Inoltre, il disegno dello studio non ha permesso di stabilire un'associazione temporale tra le variabili considerate. Nel complesso, però, i dati sono sufficientemente robusti e consentono di concludere che “...i livelli di 25(OH)D sono ridotti in soggetti prediabetici e diabetici vs soggetti normoglicemici in modo indipendente dal BMI e sono strettamente associati a variabili legate al metabolismo del glucosio. Ciò suggerisce che la condizione di deficit vitaminico è associata in misura maggiore al metabolismo dei carboidrati piuttosto che all'obesità”. “Inoltre – aggiungono gli autori – il tessuto adiposo mostra una differente risposta al calcitriolo che dipende dal grado di obesità (…) Saranno necessari nuovi studi per comprendere le conseguenze fisiologiche di questa differente risposta e la rilevanza di ciò nella pratica clinica, come pure nuovi studi che confermino il ruolo di VDR nel diabete”. Clemente-Postigo M et al, Serum 25-Hydroxyvitamin D and Adipose Tissue Vitamin D Receptor Gene Expression: Relationship With Obesity and Type 2 Diabetes. J Clin Endocrinol Metab 2015; epub-ahead-of-print. Leggi