Come valutare i livelli di vitamina D? Ne parliamo con il prof. Maurizio Cutolo



D-PROq: questo l’acronimo di un questionario sviluppato e validato da EULAR che potrebbe fungere da strumento pratico per consentire al paziente di verificare, da solo, l’appartenenza ad un gruppo a rischio di complicanze cliniche a causa di condizioni di insufficienza/deficit di vitamina D e di stimare attività e severità di malattia.

Il questionario, proposto e discusso come poster congressuale, è stato sviluppato con i dati raccolti in 13 nazioni europee e coordinato da ricercatori serbi e italiani, questi ultimi afferenti agli Spedali Civili di Brescia e al Dipartimento di Medicina Interna presso l’Università di Genova.

Abbiamo chiesto delucidazioni in merito allo studio presentato al prof. Maurizio Cutolo, ordinario di Reumatologia all’Università di Genova, presidente in carica di EULAR e coautore del poster presentato al Congresso

Professor Cutolo, prima di entrare nei dettagli dello studio, una domanda preliminare: perchè è necessario stimare lo status vitaminico D in pazienti affetti da artrite reumatoide?
Occorre innanzitutto premettere che la vitamina D è chiamata erroneamente vitamina, mentre in realtà è un vero e proprio ormone, sintetizzato dal nostro organismo.

E’ vero che l’assumiamo anche con i cibi, però l’80% del nostro fabbisogno di vitamina D è garantito mediante sintesi cutanea attivata dai raggi ultravioletti solari a partire dal colesterolo (precursore comune di tutti gli ormoni steroidei – glucorticoidi e ormoni sessuali). Il prodotto finale della fotosintesi cutanea è il calcitriolo, la forma biologicamente attiva della vitamina.

Come tutti gli ormoni steroidei, la vitamina D presenta recettori steroidei a localizzazione cellulare, per cui non deve meravigliare l’osservazione di sinergie d’azione tra gli ormoni sessuali, i GC e l’ormone D finale.

Dal momento che le malattie croniche – da quelle infiammatorie  della prostata, dell’intestino, del rene e del polmone, fino, purtroppo, alla cronicità estrema che chiamiamo cancro – si caratterizzano per impoverimento di alcuni di questi ormoni che sono fondamentali per il mantenimento dello stato di salute dell’individuo, si impone, dunque, la necessità di valutare i livelli di vitamina D come uno dei fattori molto importanti che permettono all’organismo di reagire e di difendersi dai vari insulti esterni – infettivi e infiammatori – preservando lo stato di salute.

La misurazione del livelli di vitamina D in circolo è effettuata misurando i livelli di un precursore della vitamina D attiva, il 25(OH)D o idrossivitamina D nel siero. La valutazione del precursore in circolo è tipica anche degli altri ormoni in quanto anche questi ultimi sono soggetti a metabolizzazione nei tessuti bersaglio. Non solo: recenti scoperte hanno mostrato che la vitamina D, sintetizzata nella sua forma finale a livello del rene e del fegato, è in realtà prodotta anche a livello delle cellule del sistema immunitario, come i macrofagi, e in altri tipi cellulari.

La conoscenza dei livelli del precursore in circolo della vitamina D, pertanto, può dare informazioni sulla presenza di quantità adeguate di ormone affichè le cellule possano essere in grado di trasformare il precursore in vitamina D attiva in presenza di condizioni patologiche (infezione, malattia immune, tumore).

Quali erano gli obiettivi dello studio e come è stato condotto?
Lo studio è stato supportato scientificamente ed economicamente dall’EULAR ed è nato dall’esigenza di verificare se la condizione di deficit vitaminico D – livelli nel siero di 25(OH)D < 10-20 ng/ml  – potesse essere collegata a fattori legati allo stato di salute (o di malattia) del soggetto affetto da artrite reumatoide (ad esempio la facilità alle cadute, la debolezza muscolare, infatti la carenza di calcio – il calcio è importante anche per la contrazione muscolare oltre che per la salute dell’osso – la salute di unghie, pelle, capelli).

Lo studio ha coinvolto reumatologi e associazioni di pazienti di 13 nazioni europee, a diversa latitudine ed ha reclutato sia pazienti affetti da AR che controlli sani, potenzialmente caratterizzati da differenze nei livelli sierici di 25(OH)D, ed ha portato alla messa a punto del questionario D-PROq. Questo è uno strumento di autovalutazione a disposizione del paziente che dovrebbe consentirgli di verificare l’appartenenza ad un gruppo a rischio di complicanze cliniche a causa di condizioni di insufficienza/deficit di vitamina D e di stimare attività e severità di malattia.

Quali sono stati i risultati principali?
Dalla compilazione del questionario sono venuti fuori degli indicatori clinici che il paziente riconosce in se stesso e che sono legati a bassi livelli di vitamina D.
E’ emerso, ad esempio, che in tutti i pazienti affetti da AR e reclutati nella survey esiste una correlazione tra bassi livelli di 25(OH)D e punteggio elevato DAS28 di attività di malattia.

Quali potrebbero essere le implicazioni future per il paziente e il clinico derivanti dall’utilizzazione di questo nuovo strumento di autovalutazione del rischio?
La seconda parte dello studio consisterà nel somministrare la vitamina D nei dosaggi opportuni a questi malati e valutare il miglioramento di questi sintomi nel corso della malattia.

Va tenuto presente, a tal riguardo, che esiste un ben noto sinergismo d’azione tra la vitamina D e il cortisone, per esempio. Tutti i medici sanno che, quando somministrano cortisone, devono somministrare anche della vitamina D e, possibilmente, del calcio, perchè molti eventi legati al malassorbimento di calcio, indotto da alte dosi di cortisone, possono essere alleviati dalla concomitante somministrazione di vitamina D che, da un lato, esplica azione immunosoppressiva, dall’altro migliora alcuni sintomi da deficit di vitamina D.

Lei ha parlato di 13 paesi coinvolti nell’elaborazione del questionario, con l’intervento delle associazioni di pazienti dei singoli stati. Quale associazione italiana ha contribuito?
Lo studio ha visto la partecipazione di ANMAR come associazione di pazienti italiani. ANMAR rappresenta l’Italia in EULAR-PARE (People with Arthritis/Rheumatism in Europe), la Federazione Europea delle Associazioni dei Pazienti che fa parte di EULAR – European League Against Rheumatism.

I 13 paesi si caratterizzano per un’esposizione solare molto differente. Si è tenuto conto di questo?
E’ stata fatta una correzione dei dati in base all’esposizione solare. Naturalmente, in paesi come la Spagna (con un centro di reclutamento pazienti dislocato presso le Isole Canarie) erano stati documentati i livelli più elevati di vitamina D. Va ricordato, comunque, che, anche per minimizzare l’effetto confondente delle fluttuazioni di vitamina D in base all’esposizione solare, lo studio è stato effettuato d’inverno, quando le fluttuazioni sono ridotte. Inoltre i malati non erano sottoposti a supplementazione di vitamina D.

Nicola Casella